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Tullio Frau e il trail running in braille

Tullio Frau e il trail running in braille

Questa è la storia di un uomo maiuscolo che un giorno ha deciso di abbracciare la corsa.
Ho avuto il piacere di dialogare con Tullio Frau, della sua passione per il trail running e della sua unicità italiana.
Nel podismo italiano e mondiale, dagli amatori ai professionisti, troviamo runner non vedenti che corrono in pista e su strada, ma tu Tullio – che gli altri non me ne vogliano – hai una marcia in più.
La tua è una vita arricchita dallo sport e dalla tua interpretazione della corsa.
1. Un celebre detto recita: “Chi tardi arriva, male alloggia”.
Hai messo piede nell’ambito della corsa tardi, ma pare proprio che tu abbia recuperato il tempo perso. Come sei riuscito ad arrivare a collezionare tante esperienze chilometriche e gare impegnative?
Tullio:
Avevo cinquantaquattro anni, ero in pensione a causa del peso, circa novantacinque kg. Il mio fisico incominciava a dare i primi segni di cedimento, problemi di salute significativi che mi hanno indotto a correre al riparo; credevo di risolvere i problemi con la medicina o comunque ricorrendo a qualche trattamento sanitario, invece mi sono sentito dire: “Se non ti dai una mossa, la prossima volta in ospedale ti ci portano disteso”. A quel punto ho capito cosa dovevo fare. Con un amico maratoneta ho incominciato a muovere i primi passi e, dopo solo un mese, nel 2007, mi sono iscritto alla maratona della Grande Mela. In seguito ho fatto visita di idoneità sportiva, passaporto e da lì in poi non mi sono mai fermato.
2. Dicono di noi sardi che siamo testardi, ma io preferisco l’aggettivo caparbi. Nelle lunghe distanze è necessario essere perseveranti oltre che allenati. Quali allenamenti ti consentono di vivere le massime distanze?
Tullio:
Essendo non vedente, non posso pretendere di avere accompagnatori che condividano con me tutti gli allenamenti, o comunque che condividano la passione delle lunghe distanze, per cui cerco di approfittare della disponibilità dei vari amici che si mettono a disposizione, quindi qualche volta mi capita di fare due allenamenti al giorno: una corsa al mattino e poi al pomeriggio sul tappeto elettrico che ho in casa; dei periodi invece mi alleno tutti i giorni sul tapis roulant. Questo modo di allenarmi è molto logorante, noioso e faticoso soprattutto psicologicamente, ma non ho alternative se voglio raggiungere un traguardo, questa è l’unica strada.
3. Unico trailer ed ultra trailer italiano non vedente: quali freni, a tuo avviso, stanno bloccando i runner con minorazione della vista nella corsa in ambiente naturale?
Tullio:
La corsa o camminata veloce in ambiente naturale, soprattutto in montagna, ambienti fluviali e altri ambienti ostili di per sè è molto impegnativa per i normodotati; un non vedente deve affrontare difficoltà enormi. Prevede un impegno sportivo, una preparazione meticolosa e un’altrettanta preparazione metale, una buona dose di coraggio per superare pericoli e difficoltà oggettive, inoltre non è facile trovare chi si mette in gioco per accompagnarti e prendersi responsabilità enormi; spesso si percorrono tratti dove basta mettere male un piede per finire nella scarpata. Ecco, questi sono alcuni dei motivi per cui in Italia sono ancora l’unico trailer ed ultra trailer e nel mondo, che io sappia, possiamo contarli sulle dita di una mano.
4. Ogni corsa, non necessariamente agonistica, è un tassello che va a definire ciò che il running rappresenta per noi.
C’è una corsa a cui hai preso parte che simboleggia il tuo modo di vivere questa forma di libertà?
Tullio:
Ogni volta che sono al via di una gara agonistica o no, l’emozione è sempre la stessa. Spesso non chiedo il grado di difficoltà, altrettanto spesso mi capita di pentirmi, ma poi l’animale che è dentro di me prende il sopravvento e vado avanti fino alla fine; ma se dovessi scegliere andrei a correre nei deserti, o steppe, dove ci sono pochi dislivelli, dove la natura è incontaminata.
Una delle gare che ricordo con nostalgia è stata la cento km di Zanzibar a tappe, zone ricche di vegetazione varia, alternata da terreni aridi, bruciati dal sole, per poi finire sulle rive dell’oceano.
Custodisco nel cuore anche la gara nel deserto del Sahara dove un non vedente può pemettersi di correre alcuni tratti da solo, solamente seguendo il rumore di chi ti precede.
5. Chi ha origini sarde o chi ha semplicemente conosciuto questa meravigliosa isola prova nostalgia e amore nei suoi riguardi.
Torni spesso in Sardegna? Quale rapporto hai conservato con la tua terra natia?
Tullio:
La Sardegna la porto dentro nel cuore, torno da lei appena posso, anche tre o quattro volte l’anno, ma il rapporto con la mia terra, o meglio con il mio paese, Gonnoscodina (situato in provincia di Oristano, ndr), è di amore e odio. È troppo lunga la storia, ma io in un certo modo mi sono sentito obbligato ad emigrare. Per un non vedente come me, con il mio carattere e la voglia di indipendenza e libertà, nella mia terra non c’era posto, almeno io ho avuto questo messaggio, per cui ho lasciato la mia terra, ma non ho mai smesso di amarla.
6. Dalle tue parole posso affermare che sei un Runner Escursionista. Ami la corsa per il suo piacere intrinseco e per te il vero podio coincide con il sorriso che ti accompagna lungo i percorsi. Pensi che un giorno le corse escursionistiche organizzate, lontane dall’agonismo, potranno vantare i numeri delle competizioni sportive?
Tullio:
È quello che auspico. Purtroppo mi rendo conto sempre di più che i fanatici del cronometro, della prestazione ad ogni costo, stanno invadendo il mondo del trail; la posta in palio di premi in denaro poi sta facendo il resto. Fortunatamente c’è qualcuno che sta pensando di organizzare eventi non competitivi dove la regola è “partire ed arrivare tutti insieme” riportando così alle origini il vero spirito trail.
7. Quale corsa in Sardegna ti è rimasta maggiormente nel cuore e quale vorresti invece fare?
Tullio:
Non ho corso molto in Sardegna. Ho fatto due volte la mezza maratona di Chia (Chia Half Marathon, nel comune di Pula – CA, ndr.) e ho partecipato alla prima ed ultima edizione della Atlantide ultramarathon di centocinquanta km: fantastica! Non mi sono mai interessato a fondo per cercare qualcosa alla mia portata, ma se fosse, mi piacerebbe tanto fare un trail autogestito, appunto come si diceva, in autosufficienza attraverso le zone più impervie e recondite della mia terra.
8. Le tue corse hanno in più occasioni trasportato messaggi di sensibilizzazione verso temi legati alla salute e ad importanti obiettivi connessi al mondo del sociale.
Ti andrebbe di parlare delle tue esperienze di runner-messaggero?
Tullio:
Nelle mie scorribande, ho capito di essere appunto l’unico in Italia: questo mi ha spinto ad approfittare della situazione. I quotidiani locali, la rivista Correre e persino l’Unione sarda (quotidiano della regione Sardegna, ndr) mi hanno dedicato diverse pagine, per cui ho sfruttato la mia popolarità per dare un aiuto a chi è in difficoltà, organizzando corse autogestite insieme ad amici runner al fine di raccogliere fondi e portare messaggi di sensibilizzazione nei confronti di problematche varie.
In Sardegna ho percorso la via di Santu Jacu (il cammino di San Giacomo, ndr) a favore della talassemia; in Israele a favore della I.A.P.B. – Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità.
Credo che ognuno di noi debba qualcosa alla vita. Io ho avuto molto: la possibilità di studiare, avere un lavoro, farmi una famiglia e avere dei figli; inoltre ho tanta salute che mi assiste – fortunatamente – quindi credo che sia mio dovere restituire qualcosa alla vita, cercando di dare un piccolo aiuto a chi sta peggio di me.
9. Runner siamesi, legati non dalla nascita bensì dalla passione comune. Correre con un cordino che ti unisce ad un altro podista consente – e richiede – a due persone di entrare in sintonia. Fiducia reciproca e affiatamento. Come scegli i tuoi partner per il running?
Tullio:
Quando ho incominciato, dieci anni fa circa, non è stato facile. Come detto in precedenza, chi mi accompagna si sente in qualche modo responsabile di eventuali incidenti di percorso, quasi sempre inevitabili. Quando chi mi frequenta capisce che non ho paura di nulla, che anche se cado non mi lamento mai e che se ho qualche inconveniente fisico comunque non mi lamento, le difficoltà di trovare chi mi accompagna non esistono praticamente più, anzi certe volte vengo contattato da runner che mi hanno visto e chiedono di accompagnarmi. Certe volte corro anche con podisti conosciuti il giorno stesso della gara e regolamente poi non sono più accompagnatori ma diventano compagni, amici. Tutto questo è semplicemente fantastico e io ne sono fiero.
10. L’asfalto all’ANAS, a te – a noi! – i sentieri.
Sei un vero e proprio trailer. Dalla poltrona alla corsa in ambiente naturale, meno prevedibile di quella su strada o pista. Hai avuto esperienze di persone che hanno provato – o provano – a dissuaderti dai tuoi progetti di trail ed ultra trail?
Tullio:
Ma, direi sostanzialmente di no. Forse qualcuno lo pensa, ma non ha il coraggio di dirmelo. Quello che qualcuno mi dice spesso è: “ma tu cose facili non ne fai?!”.
11. Al di là della corsa e del lavoro, sei una persona che investe parte del suo tempo per migliorare la nostra società e inoltre ricopri importanti ruoli. Vuoi parlarci del tuo impegno sociale?
Tullio:
Qualcuno dice che “non tutti i mali vengono per nuocere”: forse c’è un fondo di verità. Sono in pensione dal 2004, noi nonvedenti abbiamo delle agevolazioni in materia pensionistica; sono ancora giovane e in ottima salute, quindi perchè buttare il proprio tempo ad oziare?
Qui a Pordenone faccio parte del direttivo dell’Unione dei ciechi, mi occupo di barriere architettoniche autonomia mobilità sport e tempo libero. Da un anno circa è stato aperto uno sportello della I.A.P.B. (Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità, onlus, ndr) unico nel triveneto di cui sono il presidente. Ci occupiamo esclusivamente di prevenzione delle malattie della vista. Fino a qualche anno fa ero anche componente del direttivo del Circolo dei sardi di Pordenone, ma con troppi impegni poi si finisce con farli male. Auguro solo che il seminare possa prima o poi dare tanti frutti. Per conto mio, ci metto tutto l’impegno possibile.
Esperienze profonde, non semplicemente e solo gare: questo è il trail running per Tullio Frau. Leggere entusiasmo in ogni sua parola per la corsa e la vita, assaporare la libertà mentre si abbraccia la sfida.
La corsa in ambiente naturale va a braccetto con l’imprevisto e le svariate difficoltà tecniche e Tullio ama proprio questo tipo di menù per le sue corse.
Messaggero volontario per sensibilizzare le persone verso temi socialmente importanti ed anche involontario mosso semplicemente dalla sua sconfinata passione per il trail, al di là delle difficoltà oggettive – e nel caso del trail aggiuntive – connesse alla condizione sensoriale di non vedente.
Dal divano ai sentieri, con lunghissime distanze coperte: orme che sarebbe bello veder seguite da altri che sono ancora titubanti nel mettersi in gioco.
Unico trailer ed ultra trailer italiano non vendente e tra i pochi al mondo: orgoglio nazionale (per me, in primis, sardo).
In Italia frequentemente si parla di falsi invalidi, piaga della nostra società e onta da lavare con le dovute condanne giuridiche e sociali. In questo caso parliamo invece di una forte risposta alle sfide della vita che dovrebbe aver grande eco mediatica. Non le parole, ma le azioni; non gesta eroiche, bensì il desiderio di sorridere vivendo emozioni uniche come quelle che solo i trail sanno regalare.
Il mio auspicio è che il suo racconto e le sue corse siano stimolanti per tutti. Lo sport regala forti emozioni, ma le avventure ricamate sui sentieri sono ammalianti e portatrici di emozioni talvolta difficili da descrivere anche con i vocaboli più ricercati.
Per me è stato un grande piacere parlare e condividere i racconti trail con questo atleta-avventuriero.
Le possibilità si creano con volontà e determinazione: questo, a mio avviso, è l’insegnamento che possiamo trarre da questo compagno, amico, di trail.
Niente scuse: scarpe ben allacciate, zaino in spalla e via verso i sentieri alla scoperta di noi stessi, perchè ogni trail è sempre un viaggio nel viaggio.

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