Marina, la MyLand e la solidarietà
Oggi parleremo di ultra trail running e solidarietà all’interno di un grande evento outdoor.
In Sardegna, tra il 28 aprile e il 1 maggio 2018, si è svolta la MyLand MTB No Stop, affascinante avventura in moutainbike (giunta alla IV edizione) che quest’anno ha aperto i sentieri anche a chi desiderava viverli a piedi, utilizzando una traccia GPS ricevuta pochi giorni prima della manifestazione.
Oggi il Runner Escursionista ha incontrato Marina Scibilia, in occasione della sua partecipazione alla prima edizione della MyLand Ultra Trail, che da Baradili (paese in provincia di Oristano) ha attraversato la Marmilla (subregione della Sardegna), giungendo sull’altipiano della Giara (che ospita cavalli selvatici – i Cavallini della Giara -, unica realtà europea di cavalli allo stato brado) coprendo una distanza di circa 120 km con un dislivello positivo superiore ai 2500 metri.
Amante della vita all’aria aperta, dal trail running, alla mountainbike, all’escursionismo, felicemente impegnata con le sue ultramaratone solidali.
Ciao Marina, eccoti qui dopo la tua ultima avventura trail.
1) Nel mondo del trail running le donne rappresentano ancora una bassa percentuale negli elenchi delle gare: qual è la storia che ti lega al mondo della corsa in ambiente naturale?
Marina:
Trovo che tutto sommato non siamo così poche, specie nelle distanze corte e medie le donne stanno aumentando, proporzionalmente alla presenza femminile nell’atletica leggera classica, perchè il trail running sta attraendo molti podisti e di conseguenza un’ondata di nuove partecipazioni anche femminili. Sono le distanze lunghissime quelle dove le donne stentano a lanciarsi, ma anche qui vedo che lo scenario sta cambiando; ci sono diverse giovani leve fra le donne, nel panorama sardo. Personalmente, ho cominciato anni fa ad approcciarmi alla corsa e, dopo poco tempo, senza aver fatto nemmeno una maratona ma solo la mezza, ho conosciuto il mondo dell’ultra trail e ciò che mi ha fatto sentire che potevo provarci è stato conoscere le persone da vicino, vedere che non erano dei superuomini e superdonne, bensì normali sportivi amanti della natura e motivati ad andare un pochino oltre. E sembravano divertirsi molto, nonostante la fatica!
2) Come è arrivata la scelta di correre per un messaggio sociale, di solidarietà?
Marina:
Avevo un pensiero che ritornava spesso: quello di legare il mio correre a un viaggio e che non fosse fine a se stesso, ma perchè in qualche modo potessero beneficiarne le persone che di fatto non riescono a muoversi con la stessa libertà. Poi lo scorso anno è capitata un’occasione per dirlo pubblicamente e mi è scattata l’idea sempre più precisa…
3) Qual è la cartolina che conservi della tua esperienza MyLand Ultra Trail?
Marina:
Diciamo che se la vogliamo chiamare cartolina, è davvero difficile sceglierne una perchè la Marmilla in primavera, la Giara, il Monte Arci e i paesini bellissimi e ben tenuti che si attraversano in questa avventura, sono cartoline continue. Forse indicherei la scena più surreale, quando salendo al primo check point (CP) di Roja Menta, sulle pendici del Monte Arci, alla fine del rovescio che ci ha sorpresi, dopo una serie lunghissima di tuoni “asciutti”, abbiamo visto un paesaggio imbiancato che sulle prime non capivo cosa rappresentasse. Era grandine – tantissima! – galleggiava anche sulle pozzanghere enormi che abbiamo dovuto attraversare o aggirare. Per un momento ho pensato che fossero i petali di tantissimi fiorellini bianchi fatti cadere dalla forte pioggia. Sarà stata la prima ondata di stanchezza, visto che eravamo alla fine della prima tappa!
4) Sei mamma: affrontare gli ultra trail insegna ad essere tenaci e lo stesso richiede il ruolo genitoriale. Quale collegamento nella tua esperienza tra l’impegno richiesto come madre e quello necessario per le lunghe distanze?
Marina:
Spero che l’esempio della tenacia prima o poi dia i suoi frutti. E sicuramente la testa che ci vuole a finire un’ultramaratona in natura aiuta ad essere allenati anche nella vita di tutti i giorni, incluso nel ruolo di madre. Ma è più facile finire una lunga gara.
5) Madre lavoratrice, con una tua attività commerciale: quale ricetta per nutrire la tua passione per l’outdoor?
Marina:
La passione per lo sport all’aria aperta – da sempre -, il rispetto per il mantenimento in salute dell'”involucro dell’ anima”, il benessere che regala prendere aria per qualche ora alla settimana, sono le molle che mi fanno trovare, seppur con difficoltà, il tempo per uscire a correre, a camminare, o in bicicletta. Da poco anche la presenza in famiglia di un nuovo compagno, il cane Camillo, amante delle lunghe passeggiate, incide positivamente sulle mie giornate outdoor. Non servono tante ore libere, serve la voglia di ritagliarsele; a volte si rinuncia ad altro pur di uscire e muoversi.
6) In meno di un anno due raccolte fondi hanno viaggiato sulle tue spalle. Un ultra trail a tappe autogestito in completa autonomia, disegnato a tavolino per sostenere Giorgia, una giovanissima ragazza che necessita di sostegno per ulteriori terapie e ora, all’interno della MyLand Ultra Trail, il progetto per l’accessibilità universale alle spiagge di Sant’Antioco.
Per esperienza personale, quanta vicinanza hai potuto riscontrare nelle persone che sono entrate in contatto con te nel perseguimento di questi obiettivi sociali?
Marina:
Nell’ambito del MyLand Ultra Trail sono stata invitata per usufruire di uno spazio per promuovere l’attività di quest’anno, la mia iniziativa chiamata la Traversata del Sorriso, che, appunto, sostiene quest’anno l’associazione Le Rondini e il loro progetto della spiaggia attrezzata per rendere possibile l’accesso anche a chi a difficoltà motorie. È appena l’inizio della seconda raccolta fondi che mi vede protagonista e che finirà fra un anno: vedremo con quali risultati.
Il vero tragitto in cui spero di raccogliere la maggior parte dei fondi, come lo scorso anno, sarà la seconda tranche della diagonale, da Tonara a La Maddalena.
La vicinanza delle persone è stata la sorpresa più grande, non avevo mai fatto nulla in questo ambito e scopro ogni volta con sorpresa e con gioia che le persone sono sensibili ai temi in difesa delle persone che vivono realtà svantaggiate. Ottengo sempre tutto l’appoggio possibile nel mio progetto, spesso anche da persone che non sanno assolutamente chi sono. È bellissimo!
7) Portare nel proprio zaino una richiesta di solidarietà investe il messaggero di un importante ruolo.
La motivazione nell’affrontare una sfida come la 120 km in Marmilla diventa più forte se sostenuta da una nobile causa?
Marina:
Essere invitata a partecipare a un’avventura come la prima edizione della Myland UltraTrail in Marmilla, proprio perchè porto il messaggio della solidarietà, è stato motivo di orgoglio e di motivazione nel volerla portare a termine. Attraverso un periodo in cui per vari motivi la corsa e l’agonismo sono sempre meno importanti per me e questa manifestazione sportiva “altra” è stata perfettamente congeniale al mio stile attuale.
Mi piace percorrere, viaggiare in modo silenzioso e rispettoso e dove riesco ad alzare il tono della voce è proprio nelle occasioni in cui spiego il mio progetto, che da sogno si è trasformato in una bella realtà. Confidavo in me per saper terminare un percorso di 120 km, se affrontato prevalentemente camminando, ma lo spirito e la motivazione son cresciuti notando il sostegno di tutti per la mia idea.
8) Hai mai pensato che le tue orme potrebbero spronare altri a farsi carico di queste nobili azioni?
Marina:
Per ciò che riguarda il poter essere d’ispirazione per altri, ne sono già certa, in quanto ho avuto sempre compagnia durante le tappe dello scorso anno e già molte persone si riservano di raggiungermi in qualcuna delle tappe del percorso di settembre prossimo. D’altro canto, non sono la prima a fare una cosa del genere, e non sarò l’ultima. La solidarietà è bella perchè si fa catena, ma una catena di mani che si tengono strette a proteggere qualcuno, non a vincolarlo.
9) Le tue corse hanno grande personalità. Quante possibilità di crescita personale riscontri nel trail running e nell’outdoor in senso ampio?
Marina:
Ti ringrazio. Da quando corro sui sentieri ho rinforzato la consapevolezza che ce la posso fare nelle difficoltà, superare una crisi e anche molte situazioni nuove. Ho imparato tanto sulla mia terra, su come orientarmi, sulla natura e l’archeologia.
Nella mia personale avventura di solidarietà, d’altro canto, la crescita personale risulta essere una normale conseguenza, quando si devono mettere in comunicazione persone spesso a te e fra loro sconosciute, chiedendo loro di collaborare, mettendoci anche la loro fantasia, coinvolgendo i loro cari o i loro concittadini. Mi sono scoperta più sicura di me durante questa esperienza, capendo il valore che ciascuno porta dentro di sè, me compresa, e quanto sia bello condividerlo fra persone benintenzionate.
10) Non sempre per una corsa allacci le scarpe. Ci racconti la tua vita da runner scalza?
Marina:
Ho approcciato lo stile di corsa minimalista per la mia attitudine in generale verso le cose rispettose della natura; sono curiosa e istintivamente mi sono buttata a capofitto. Forse avrei dovuto andar più cauta. Come poi ho saputo, è sempre meglio farsi fare una valutazione del piede e avere qualcuno che ti segue per la postura in corsa prima di avventurarsi nella transizione al barefoot, che sia integrale o sandalato o con altre calzature minimaliste. Perciò ho corso scalza su asfalto (ma solo ogni tanto) e vissuto e corso con i sandali per due anni, godendo della libertà delle sensazioni che si provano. Ho anche vissuto otto mesi scalza nella vita di tutti i giorni, per poi accettare di fare un piccolo passo indietro, per qualche allarme del mio corpo, e quindi del mio medico sportivo, dovuto sicuramente alla condizione iniziale dei miei piedi che stavano soffrendo un po’. Ora alterno vari tipi di calzature minimaliste, uso un numero di scarpa molto più grande rispetto a prima e sto comoda sempre.
La MyLand Ultra Trail l’ho fatta in parte con scarpe e in parte con i sandali, scegliendo i tratti più adatti ad ogni calzatura. Come sempre i sandali suscitano da un lato invidia (piedi freschi), da un altro sorpresa ed incredulità. È divertente e, nello stesso tempo, bello poter dare spiegazioni sulle scelte che possono portare a un tale approccio.
11) E tu Camillo, che cosa pensi delle avventure podistiche di Marina? Ti concepisci più come gregario o motivatore?
Camillo:
AAh… Le avventure di Marina sono molto divertenti, posti belli, buon cibo, gente che mi saluta e mi coccola; mi sento fortunato, poi certo, io sono un grande motivatore! Marina si impegna molto per farmi allenare e perchè io mi diverta sempre. Le faccio compagnia, io lo so, e quindi si allena di più anche lei! … Poi sto simpatico a tutti! Per la MyLand però non ero sufficientemente preparato: mi sono dovuto ritirare al CP di Assolo, al 71° km, dopo aver superato, grazie alla pazienza della mia umana, una brutta crisi a due km dal CP. Ora sono un po’ preoccupato: so che lei mi vorrebbe con sè a settembre nella Traversata del Sorriso, ma decideremo insieme, in base all’allenamento per l’endurance che riuscirà a farmi raggiungere, altrimenti ci dovremo separare per quella settimana, nostro malgrado.
Per qualche giorno approfittiamo del maltempo per riposare.
Ti dico un segreto, ma forse qualcun’ altro se n’è accorto: per ora, quando vedo i bastoncini, mi vanno giù le orecchie!
E con le dichiarazioni di Camillo, il cane trailer di Marina, si conclude questa piacevole chiacchierata.
Diventare un/a MyLander (finisher di uno dei percorsi dell’avventura) riempie il cuore di gioia per l’impresa compiuta e l’immenso fascino dei luoghi attraversati. Ma a colmare di felicità il cuore di Marina Scibilia è anche il contributo positivo che riesce a dare alle cause sociali per cui si impegna.
Dalle sue parole nasce il desiderio di immergersi in un’avventura MyLand e di offrire un contributo solidale ai progetti di cui si fa portavoce.
Buon trail
Per conoscere e dare un contributo a La Traversata del Sorriso. Percorrere per dare
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